Storia della Cina contemporanea
Un excursus dalla caduta della dinastia Qing ai giorni nostri
Sun Yat-sen, primo Presidente della Repubblica cinese |
La Rivoluzione Xinhai, che portò alla fondazione della Repubblica Cinese, ebbe inizio con rivolta di Wuchang (1911), ove la maggioranza delle province meridionali della Cina aderì alla nuova entità statale. La proclamazione della Repubblica avvenne il primo gennaio 1912: Sun Zhongshan (Sun Yat-sen) fu nominato Presidente provvisorio da parte del Consiglio delle province. Pochi mesi dopo, per evitare ulteriori conflitti, egli rinunciò alla presidenza a favore di Yuan Shikai, generale dell’esercito del nord, che dichiarò la caduta dell’ultimo imperatore Qing, Aisin-Gioro Pu Yi.
Alla dissoluzione della dinastia Qing, i territori periferici del Tibet e dello Xinjiang (Sinkiang) si resero autonomi. La Mongolia divenne indipendente perché, come territorio della Corona Imperiale, all’estinzione della monarchia vennero meno i legami con la Cina.
Il 12 agosto 1912 fu fondato il Guomindang (Kuomintang o partito nazionalista), di cui lo stesso Sun Yat-sen fu acclamato presidente. Nel novembre 1913 Yuan Shikai sciolse il Parlamento, avviando un processo di accentramento del potere, finalizzato al suo insediamento come imperatore.
Il 6 giugno del 1916 però, già iniziati i riti d’intronizzazione, Yuan Shikai morì lasciando la Cina alla mercé dei “signori della guerra”, capi e latifondisti locali in lotta fra loro, dotati di un esercito personale, che fecero precipitare il paese nell’anarchia. Negli anni seguenti la Repubblica fu in balìa delle giunte militari, bollate con il termine spregiativo di “cricche”.
Nel frattempo, nel 1915 il Giappone aveva presentato al debole governo cinese le ventuno richieste, ove s’imponevano il riconoscimento degli interessi giapponesi sul territorio cinese e la partecipazione di consiglieri giapponesi nella pubblica amministrazione.
Questo episodio fu d’ispirazione per il movimento del 4 maggio 1919, che ebbe come principale ispiratore Chen Duxiu (1879–1942). Il movimento promuoveva una rinascita culturale in virtù della scienza e della democrazia, nel rifiuto della cultura tradizionale e dell’imperialismo straniero.
Nel 1921 fu fondato a Shanghai il Partito Comunista Cinese, che ebbe come primo segretario lo stesso Chen Duxiu. Nel medesimo periodo il Kuomintang fu riorganizzato come moderno partito di massa dai consiglieri sovietici.
Il 12 marzo 1925 morì Sun Yat-sen. Con l’ascesa del Generalissimo Jiang Jieshi (Chiang Kai-shek), furono eliminate in un primo tempo le componenti comuniste dall’esercito (1926), che furono poi costrette alla clandestinità (1927). Con il trasferimento della capitale più a sud, ebbe inizio il cosiddetto decennio di Nanchino (1927–1937), che terminò con l’occupazione giapponese ed il massacro che ne seguì, ove si contarono centinaia di migliaia di vittime.
La crescente aggressività giapponese portò inoltre all’invasione della Manciuria (1931) e di Shanghai (1932). La regione manciuriana, comprendente le attuali province di Liaoning, Jilin, Heilongjiang e parte della Mongolia Interna, fu trasformata dai giapponesi in uno stato fantoccio con a capo l’ex imperatore Pu Yi, che non si era rassegnato alla perdita delle proprie prerogative (anni più tardi, nell’imminenza della capitolazione, quest’ultimo fu arrestato dai sovietici e consegnato ai comunisti cinesi). L’armata del Kwantung, il reparto dell’esercito giapponese che controllava l’area, raggiunse a tratti una potenza tale da agire in modo autonomo rispetto ai comandi di Tokyo.
Tra gli anni ‘30 e ‘40, buona parte della costa centro-settentrionale cadde sotto il controllo dei giapponesi: questi territori andarono a formare la cd. Repubblica di Nanchino, un altro stato fantoccio retto da collaborazionisti fuoriusciti dal Kuomintang. Chiang Kai-shek volle però impegnare le proprie forze nella guerra civile, trascurando l’avanzata dei giapponesi. I comunisti di Mao Zedong (Mao Tse-tung), che nel frattempo avevano istituito una Repubblica Sovietica Cinese nel sud del paese, furono costretti ad intraprendere una lunga marcia (1934–1935) per sfuggire all’accerchiamento delle truppe di Chiang. Nel 1936 quest’ultimo fu arrestato a Xi’an dai suoi stessi generali, che lo costrinsero a parlamentare con i comunisti per formare un fronte unitario antigiapponese.
Con la sconfitta dei paesi dell’Asse nella seconda guerra mondiale, la Cina si ritrovò fra le potenze vincitrici, ottenendo un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Il Generalissimo Chiang Kai-shek |
Nel 1946 riprese la guerra civile. Le forze comuniste si assestarono nel nord del paese, e quelle nazionaliste nel sud. La debolezza dell’esercito nazionalista si dimostrò nell’avanzata quasi incontrastata degli avversari, costringendo infine Chiang Kai-shek a rifugiarsi con le sue ultime truppe sull’isola di Taiwan (luglio 1949). La quasi totalità delle nazioni occidentali riconobbe il governo di Taipei come legittimo rappresentante della Cina.
La Repubblica Popolare Cinese fu proclamata da Mao Zedong il primo ottobre 1949.
Nel 1950 furono introdotte una serie di riforme, fra cui quella agraria (ripartizione delle terre) e quella sul matrimonio (divorzio e libertà della donna). Le campagne dei Tre contro (San fan) e Cinque contro (Wu fan) furono volte a colpire la «corruzione» degli industriali e dei capitalisti cinesi, un pretesto utile per la nazionalizzazione di numerose imprese.
Tra il 1950 e il 1951, l'intervento cinese fu determinante nella seconda fase della guerra di Corea, quando le truppe dell'Esercito di Liberazione Popolare (ufficialmente “volontari”) si unirono ai soldati nordcoreani, respingendo le forze statunitensi e sudcoreane fin sotto il 38° parallelo. Il conflitto si stabilizzò per giungere, due anni più tardi, ad un armistizio che prevedeva il ripristino dello status quo ante bellum, considerato accettabile da Cina e Stati Uniti, ma non dalle due stesse Coree.
Entro il 1951, il nuovo governo riportò sotto la sovranità cinese, manu militari, i territori del Tibet e dello Xinjiang, rimasti autonomi per circa quarant’anni.
Il primo piano quinquennale (1953–1957, attuato dal 1955) denotò una forte ispirazione sovietica, privilegiando lo sviluppo dell’industria pesante a scapito dell’agricoltura, tradizionale risorsa economica cinese. Nei primi anni ‘50 si assistette inoltre al tentativo, da parte dei dirigenti del PCC Gao Gang e Rao Shushi, di estromettere i rivali Liu Shaoqi e Zhou Enlai: essi, convinti del sostegno di Mao, furono invece isolati dal resto del Partito. Gao Gang si tolse la vita nel 1954, mentre Rao Shushi fu graziato, ormai incapace di intendere e di volere, dopo dieci anni di prigionia.
Nel 1956, col discorso “Sui dieci grandi rapporti”, Mao Zedong espose la propria visione dei rapporti economico-sociali, inaugurando contemporaneamente la campagna dei Cento Fiori, un movimento aperto agli intellettuali, che furono incoraggiati a partecipare al dibattito sull’evoluzione dello stato socialista. Essi però iniziarono ben presto a criticare aspramente il governo: considerati reazionari ed antipatriottici, divennero a loro volta il bersaglio di una persecuzione denominata “Campagna contro la destra”.
Nonostante fosse stato predisposto un secondo piano quinquennale, esso perse rilevanza dinanzi al nuovo indirizzo politico-economico del Grande balzo in avanti (1958–1960), ove si avvertì un significativo distacco dalla linea dell’Unione Sovietica: fu avviata la collettivizzazione delle terre ed incoraggiato ogni sforzo per la creazione di infrastrutture e per la produzione di materiali industriali come l’acciaio e i metalli lavorati (anche in maniera casalinga, con improvvisate fornaci da cortile ove si arrostivano vecchie pentole). In agricoltura furono adottate tecniche sperimentali di dubbia efficacia, che fecero precipitare la resa del raccolto. Il Grande balzo in avanti ebbe esiti fallimentari, provocando una carestia che causò la morte di milioni di persone.
Nel 1959 la lotta tra le “due linee” del Partito Comunista Cinese (moderata e radicale) si inasprì ulteriormente: il maresciallo Peng Dehuai criticò Mao, definendo il Grande Balzo in avanti «espressione di un fanatismo piccolo borghese», parole che ne causarono la destituzione. La destra del Partito, ostile a Mao, reagì con la diffusione del dramma teatrale La destituzione di Hai Rui. Questa rappresentazione, opera del sindaco di Pechino Peng Zhen e del suo vice, lo scrittore Wu Han, ricordava l’episodio storico dell’ingiusta destituzione dell’integerrimo funzionario imperiale Hai Rui, dietro la quale vi erano evidenti riferimenti alla vicenda del maresciallo Peng Dehuai.
Nello stesso anno, in seguito alla repressione della rivolta di Lhasa, il Dalai Lama riuscì a fuggire in India, ove costituì il Governo tibetano in esilio. Mao Zedong, la cui credibilità era ormai intaccata dalle recenti sconfitte, lasciò la Presidenza della Repubblica a Liu Shaoqi, conservando però la carica di Presidente del Partito Comunista Cinese. In questo periodo fu concessa l’amnistia a molti prigionieri politici, fra cui lo stesso ex imperatore Pu Yi, che venne scarcerato per buona condotta.
Nel 1962 vi fu la breve guerra sino-indiana. I rapporti tra le due potenze, inizialmente in sintonia in una prospettiva terzomondista dai tempi della Conferenza di Bandung (1955), si deteriorarono progressivamente quando, venuto meno il territorio cuscinetto costituito dal Tibet, le frontiere si trovarono a diretto contatto. La guerra si concluse sostanzialmente a favore della Cina, con l’acquisizione de facto del territorio dell’Aksai Chin e l’ottenimento di rettifiche confinarie minori, mentre l’india conservò i territori a sud della linea McMahon (Arunachal Pradesh). Nel 1965 la Repubblica Popolare Cinese istituì la Regione Autonoma del Tibet, comprendente anche alcuni territori rivendicati dall’India.
Negli anni successivi si assistette ad una radicalizzazione della lotta tra la destra e la sinistra del Partito Comunista Cinese, quest’ultima sotto la guida di Mao Zedong e Lin Biao (Lin Piao), che proponevano una maggiore politicizzazione della società. Fu creato a tale scopo il Movimento di educazione socialista, che trovò però scarso consenso, poiché la destra tentò di delimitarlo in ambito puramente intellettuale e culturale (tesi di febbraio).
La sinistra del partito istituì allora un Gruppo per la rivoluzione culturale, presieduto da Chen Boda e guidato dalla cosiddetta Banda dei Quattro, iniziando così la Rivoluzione Culturale (1965–1969). Furono coinvolti gli studenti delle scuole secondarie, che lasciarono gli studi per organizzare ovunque delle sedute di indottrinamento politico e di distruzione della «vecchia cultura», culminando in episodi di fanatismo quali la Comune di Shanghai.
Il movimento, oltrepassando le intenzioni degli ideatori, ebbe l’effetto di minare seriamente le basi dell’organizzazione statale, e dovette essere estinto mediante la forza militare.
Mao Zedong, il Grande Timoniere |
Le crescenti tensioni con l’Unione Sovietica portarono, nel 1969, allo scoppio di un conflitto armato sulla base di vecchie rivendicazioni confinarie nel nordest, tra i fiumi Ussuri e Amur, e nel nordovest (Xinjiang). Nel decennio seguente, nonostante i colloqui di pace, i rapporti tra Cina e Unione Sovietica rimasero freddi, fatto che creò le premesse per un graduale miglioramento delle relazioni sino-americane.
Impegnata in gravi turbolenze interne, la Cina non prese direttamente parte alla guerra del Vietnam, anche se non mancò di fornire il proprio appoggio logistico al regime di Ho Chi Minh, alla guerriglia Viet Cong ed ai Khmer Rossi di Cambogia. In seguito i rapporti tra Cina e Vietnam peggiorarono progressivamente con l’avvicinamento di quest’ultimo all’Unione Sovietica e con l’azione militare intrapresa dall’esercito popolare del Vietnam contro il regime dei Khmer Rossi di Pol Pot, scatenando il breve ma violento conflitto sino-vietnamita (febbraio–marzo 1979) che non vide vincitori, né vinti.
Nel 1971 Lin Biao morì in un incidente aereo in circostanze mai chiarite. Nello stesso anno il segretario di stato americano Henry Kissinger visitò segretamente la Cina, che pochi mesi di seguito venne ammessa all’ONU, occupando il posto di Taiwan. Nel 1972 seguì la visita del presidente statunitense Richard Nixon.
Un nuovo contrasto tra la sinistra e la destra del partito ebbe origine nel 1973, all’insegna della Campagna contro Confucio. Il vero obiettivo non era però il filosofo classico, bensì l’abile e popolare capo del Governo, Zhou Enlai (Ciu En-lai). La risposta del veterano della Lunga Marcia non si fece attendere, con la sua critica a Lin Biao, critica a Confucio. Nello stesso periodo Deng Xiaoping comparve sulla scena pubblica.
Il 5 aprile 1975 morì a Taipei Chiang Kai-shek, lasciando aperta la questione dello status dell’isola di Taiwan, ritenuta da Pechino come parte integrante del proprio territorio. Il Kuomintang, da parte sua, continuò a considerare la Repubblica nazionalista di Cina come vero ed unico rappresentante della Cina nel contesto internazionale, conservando Nanchino come capitale de iure (Taipei de facto). Anche se poche nazioni riconoscevano ancora la sovranità taiwanese, vari paesi fra cui Giappone e Stati Uniti continuarono ad assicurarle un appoggio economico e militare.
Nel corso del 1975 Zhou Enlai, già anziano e malato, avanzò il piano delle quattro modernizzazioni (industria, agricoltura, difesa, scienza), ma non poté vederne i frutti, morendo l’8 gennaio dell’anno seguente. Nell’aprile 1976 fu designato come primo ministro Hua Guofeng, un funzionario che si schierò con l’ala radicale, estromettendo il moderato Deng Xiaoping, la cui linea avrebbe invece trionfato un paio d’anni di seguito. Sul periodo di Hua Guofeng esistono pareri discordi: mentre è generalmente considerato di scarso rilievo, è invece visto favorevolmente da alcune minoranze, grazie all’allentamento del controllo esercitato su di esse dal potere centrale.
Il 9 settembre 1976 scomparve anche Mao Zedong e nell’ottobre dello stesso anno venne arrestata la “Banda dei Quattro”, fra cui la stessa vedova di Mao Jiang Qing, mediante un’azione di polizia. Gli altri membri erano Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan e Wang Hongwen, alti ufficiali del Partito Comunista Cinese.
Nei primi anni ’80, con il ritorno di Deng Xiaoping, furono avviate le riforme economiche che portarono al ritorno di una limitata proprietà agricola, alla liberalizzazione di alcuni settori del mercato ed all’istituzione delle zone economiche speciali, sottratte alla legislazione economica nazionale ed aperte agli investimenti stranieri. Nel 1984 furono abolite le comuni popolari.
Le aperture economiche portarono alla costituzione di una corrente riformista guidata dal segretario del PCC Hu Yaobang, che promosse nel 1986 il Movimento del Doppio Cento, richiamandosi a quello dei Cento Fiori (1956), proponendo una maggiore separazione tra le funzioni del Partito e quelle dello Stato. L’iniziativa trovò un largo seguito, suscitando varie dimostrazioni studentesche di sostegno. Hu Yaobang morì il 15 aprile 1989 e, nel corso delle commemorazioni, gli studenti invocarono la democrazia, praticando lo sciopero della fame. Michail Gorbachev, in quel momento in visita ufficiale in Cina, fu applaudito come principale fautore delle riforme in Unione Sovietica.
Mentre gli organi della stampa ufficiale riferivano dell’azione di «pochi gruppi di controrivoluzionari», le proteste culminarono nelle giornate del 16 e 17 maggio 1989 presso piazza Tian’anmen a Pechino, quando l’esercito disperse i dimostranti sparando sulla folla. Si ritiene che l’ordine di aprire il fuoco fosse stato emanato dalla stessa dirigenza, preoccupata che il movimento democratico pregiudicasse le riforme economiche.
Dagli anni ’90 l’economia cinese, con la nuova formula di economia socialista di mercato (1992), ha avviato un periodo ininterrotto di crescita significativa ed a tratti eccessiva, tanto da necessitare l’attuazione di politiche economiche e monetarie di freno.
Deng Xiaoping si è ritirato dalla vita politica attiva nel 1992 ed è morto il 19 febbraio 1997. Nel luglio 1997 Hong Kong è ritornata sotto la sovranità cinese, seguita da Macao nel 1999.
Nel novembre 2002 Hu Jintao è subentrato a Jiang Zemin alla segreteria generale del Partito Comunista Cinese, assumendo l’anno successivo la presidenza della Repubblica. Quest’ultimo ha terminato il mandato nel 2013, lasciando la carica a Xi Jinping.
Il dragone, tradizionale simbolo della sovranità cinese. Icona: Wikimedia Commons |
La Cina attuale, attore globale d’indiscussa rilevanza, è ormai divenuta un punto di riferimento del mondo multipolare. Essa conserva però notevoli contraddizioni interne: dalla mancata integrazione delle minoranze (tibetani, mongoli, uiguri e molti altri), alla carenza di materie prime, al divario tra città e campagna, allo squilibrio demografico, allo scarso rispetto ambientale. La separazione tra l’est industrializzato, lo sterminato retroterra agricolo e il lontano ovest montuoso, desertico e spopolato, pare ancora insuperabile, tanto da chiedersi se esista, dal punto di vista etnico e sociale, una “sola Cina”, o se invece non esistano “molte Cine”.
Non sono poi trascurabili le questioni internazionali, fra cui le difficili relazioni con Taiwan, Corea del Sud e India; la lotta con il Giappone per le prerogative di potenza regionale dell’Estremo Oriente e del Pacifico; l’ambiguo rapporto politico-economico con gli Stati Uniti e lo sfruttamento intensivo dell’Africa e dell’America Latina per l’approvvigionamento di materie prime.
Molti problemi della Cina sono comuni ad altri paesi, con cui è necessario confrontarsi in maniera sempre più stretta, perché solo con la cooperazione si può perseguire il progresso.
Nota dell’autore
Nel 2006 avevo scritto la versione iniziale di questa breve cronistoria della Cina contemporanea per la voce storia della Cina dell’enciclopedia Wikipedia. Tale voce ha preso in seguito una strada totalmente autonoma, e non è più curata, né seguita da me.
Siccome queste righe sono volte alla divulgazione, e non alla trattazione scientifica, ho preferito utilizzare la grafia più comune per indicare i nomi di cose, luoghi e persone, a scapito dell’esatta traslitterazione. Si troveranno pertanto sia termini traslitterati secondo il metodo Wade-Giles (Chiang Kai-shek anziché Jiǎng Jièshí), sia termini in Pinyin senza l’indicazione dei toni (Mao Zedong anziché Máo Zédōng).
- Bergère M. C., La Cina dal 1949 ai giorni nostri, Il Mulino, Bologna, 2000.
- Colajanni N., La Cina contemporanea, Newton Compton, Roma, 1994.
- Sabattini M., Santangelo P., Storia della Cina, Laterza, Roma, 2005.
- Samarani G., La Cina del Novecento, Einaudi, Torino, 2008.
- Santangelo P., Storia della Cina dalle origini ai giorni nostri, Newton Compton, Roma, 1994.
- Schmidt-Glintzer H., Storia della Cina, Mondadori, Milano, 2005.