Le reti sociali e l'evoluzione del web

Un manifesto personale su comunicazione, giornalismo, social network ed il futuro della Rete

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Evoluzione del web

L'evoluzione tecnologica del terzo millennio sta portando alla creazione, lenta ma inevitabile, di una rete che collegherà non solo le persone, ma anche gli oggetti ("Internet of Things"). Possiamo pertanto immaginare un futuro dove tutte le automobili possiederanno un sistema di guida totalmente automatico, dove televisione, PC e dispositivi mobili saranno integrati con il sistema domotico, insieme a molti altri servizi che potranno semplificarci la vita quotidiana. Dal punto di vista sociale invece si assiste, da parte degli utenti, all'acquisizione della capacità di esperire una rosa assai ampia di strumenti finalizzati all'interattività ed alla comunicazione.

La forma più diffusa di tali applicazioni è quella delle reti sociali (social network), caratterizzate da servizi che permettono l'apertura di un profilo personale e facilitano le interazioni mediante interfacce di utilizzo intuitive. La libertà degli utenti è però relativamente scarsa, poiché vincolata dai regolamenti e dai termini d'uso che essi sono tenuti a sottoscrivere.

Fino alla metà degli anni 2000, solo chi possedeva le competenze tecniche e normative per costruire un sito e per registrare un dominio poteva comparire in rete: il privilegio era solitamente riservato alle aziende, alle istituzioni ed ai privati più intraprendenti. Facebook, fondato nel 2004, può essere invece considerato il vero apripista delle reti sociali, volte alla comunicazione semplice e rapida tra gli individui, con la pubblicazione di pensieri personali, fotografie, filmati ed altri contenuti multimediali. Esistono attualmente vari siti, più o meno noti, che sono specializzati in particolari campi di condivisione degli interessi: oltre ai social network di portata generale, vi sono quelli dedicati a fotografie e immagini, lavoro e attività professionali, audiovisivi e molto altro.

Caso anomalo è costituito da Wikipedia la quale, pur conservando la struttura partecipativa, non è focalizzata sull'individuo ma sul fine, concernente l'accessibilità della cultura libera e gratuita al pubblico. Il principale problema di questa enciclopedia on-line (la più vasta del mondo), comune anche al web-giornalismo e a molti scritti presenti su internet, riguarda la verifica puntuale delle fonti e la focalizzazione sull'aspetto qualitativo, anziché quantitativo, degli articoli. I meriti di Wikipedia sul contributo alla conoscenza ed all'educazione a livello globale ne rendono però quasi trascurabili i difetti.

Quali sono invece le prospettive del giornalismo nell’epoca dei social network? L’attenzione del pubblico del web pare rivolta ad un flusso di informazioni che presentano tre caratteristiche fondamentali: immediatezza, brevità e ricchezza di contenuti multimediali. A queste se ne può aggiungere una quarta, la gratuità, perché l’internauta è scarsamente propenso a pagare l’informazione telematica rispetto al lettore delle tradizionali pubblicazioni cartacee. Il “costo nascosto” per gli utenti risiede però nella dubbia affidabilità di taluni organi di comunicazione, che dedicano maggior cura alla ricerca di introiti pubblicitari anziché alla verifica delle fonti, giocando sul sensazionalismo, sull'incompletezza dell'informazione e sulla distorsione della realtà: da questi fattori derivano un numero elevatissimo di non-notizie o addirittura di fake news, ovvero notizie false. Il giornalista di oggi, in particolare quello delle testate più credibili e riconosciute, deve pertanto confrontarsi in prima persona con gli utenti del web e con la comunicazione social in funzione di mediatore e “filtro critico” tra i fatti riportati in rete ed i propri lettori.

Tralasciando le reti specializzate e/o di nicchia, l'origine del successo di un social network come Facebook sarebbe da ricercare principalmente nell'aggregazione a fini ludico-ricreativi. In tal senso, Facebook è uno specchio efficace delle dinamiche sociali del mondo reale. Gli individui, sentendosi svincolati tramite il medium informatico dal contatto diretto, tendono a liberarsi dall'inibizione dovuta alle norme sociali del proprio contesto (ad esempio gerarchie professionali, familiari, d'età e d'istruzione). Fattore non trascurabile è poi costituito dalla relativa semplicità d'uso, perlomeno ad un livello di utente. Diversa è invece la posizione del professionista della comunicazione, che sfrutta gli strumenti tecnici offerti dai social, proponendosi come punto nodale tra gli internauti e l'entità che egli rappresenta (istituzione, testata giornalistica, gruppo politico, confessione religiosa, associazione o attività commerciale).

Accade inoltre che si parli del web come di una potenziale democrazia dalla larga partecipazione, indipendentemente dalle condizioni personali e sociali. Questo è però veramente possibile, o auspicabile? Probabilmente no, perché la democrazia richiede che le regole del gioco siano determinate dagli stessi partecipanti, cosa che raramente si riscontra in rete.

Nascono pertanto due problematiche fondamentali: quella della gestione dei dati sensibili e quella dell'assenza di un codice etico che, se osservato, potrebbe aumentare la sensibilità degli utenti in merito al comportamento on-line.

Le modalità di gestione delle informazioni immesse nella rete sono determinate da chi fornisce il servizio, ragione per la quale in molti, non leggendo attentamente le clausole di adesione ai social network o non avendo sufficiente dimestichezza con il loro funzionamento, non sono in seguito in grado di ritirare i dati, le fotografie ed i pensieri pubblicati, anche alla luce di un eventuale e legittimo cambiamento di opinioni. Essi pertanto, non riuscendo a gestire tale realtà, ne diventano succubi e non risultano più in grado, pur desiderandolo, di cancellare o modificare la propria identità virtuale, spesso costruita in fretta e male.

A tal proposito sono esemplificativi taluni casi di documentazioni audiovisive e fotografiche di situazioni potenzialmente imbarazzanti, che finiscono per precludere, magari a distanza di anni, un'assunzione lavorativa o l'ingresso in gruppi e associazioni. L'ingenuità risiede nel ritenere di essere visti solamente da un ristretto pubblico personale, mentre in realtà il materiale può essere esposto all'attenzione del mondo intero, permanendovi per molto tempo. Questi dati possono infine cadere nelle mani di coloro che per mestiere setacciano la rete alla ricerca di elementi che possono chiarire il passato di un individuo, come datori di lavoro, consulenti delle risorse umane e valutatori aziendali.

Internet è una piazza virtuale, dove ogni illusione di riservatezza delle informazioni deve essere fatta cadere. Pubblicare qualcosa in rete equivale ad affiggere manifesti sulle strade. Anche le informazioni che ci illudiamo di voler riservare solo a qualcuno ("amici" su Facebook, contatti privati, ecc.) in realtà non sono affatto inviolabili o blindate, come dimostra l'esperienza.

In rete è opportuno partecipare apertamente, senza timore di esprimere (sempre in modo garbato e rispettoso) le proprie opinioni. Ciò che però non si vuole diffondere, non deve essere pubblicato, neppure in forma "privata". Se non si desidera in alcuna maniera la diffusione d'informazioni e non si condividono i principii di fondo che governano l'Internet, la via è una sola: l'astensione dalla partecipazione alle reti sociali.

Un discorso intrinsecamente connesso al precedente riguarda quello del galateo o netiquette del web. Il concetto di relazione fra gli individui in una rete sociale è assai più fluido rispetto al corrispettivo del mondo reale: lo stesso significato di "amicizia" assume contorni assai labili ed effimeri. "Amico" può essere non solo l'amico d'infanzia, ma anche un collega di lavoro, un ex compagno di scuola, d'università oppure un semplice conoscente. Non mancano infine i casi di "amici" mai conosciutisi direttamente, o di persone che si contattano esclusivamente per "fare rete" (networking), la quintessenza del concetto di rete sociale.

Come piazza virtuale per eccellenza, nei principali social network si riscontrano tutte queste tendenze, unite ad un certo grado di anarchia nel comportamento e nell'educazione degli utenti, accentuato dalla distanza virtuale, che favorisce la parola aspra, l'alterco, la licenziosità, il gusto del grottesco e del carnascialesco. Ad esempio, all'amministratore di gruppi e pagine Facebook accade spesso di moderare liti accese per motivi inconsistenti, prendendo la dolorosa decisione di bandire utenti e cancellare post. Anche per gli utenti ordinari la vita virtuale può essere difficile: persecuzioni con foto di gattini e cagnolini (nella migliore delle ipotesi), catene di Sant'Antonio, interventi politici o religiosi d'un qualunquismo disarmante, nonché richieste di mobilitazioni per cause futili o insostenibili.

In qualità di amministratore di social media per professione, sono stato testimone in prima persona di episodi di maleducazione e di collaborazione fra gli utenti. Inutile aggiungere che il primo modo di agire fa perdere agli interessati ogni credibilità attuale e futura, non solo sul web, ma soprattutto nella vita reale. Il secondo modo, ovvero l'uso dei social network a fini costruttivi, potrebbe e dovrebbe invece essere uno dei punti di forza del futuro della rete.

Purtroppo sono inevitabili le aberrazioni, unite alla mancanza di regole, che caratterizzano questa fase di sviluppo delle reti sociali. Quando si comprenderà che esse non costituiscono un fine ma solo un (pur potente) mezzo, allora si potrà iniziare a sviluppare seriamente la potenzialità intrinseca a questa modalità comunicativa, inaugurando l'era del web 3.0.