Maria Falcone: «La mafia si può sconfiggere»
Nel 24° anniversario della strage di Capaci e nel trentennale del Maxiprocesso contro la mafia, Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone assassinato nel 1992, è intervenuta a Villar Dora lo scorso mercoledì 24 febbraio.
L’incontro ha seguito due percorsi fondamentali: quello della memoria e quello della legalità, con un excursus storico a partire dai tempi, neppure troppo remoti, in cui la stessa esistenza della mafia era negata dal mondo politico, imprenditoriale e dall’intera società civile. Nel frattempo, tra gli anni ’70 e ’80, si verificarono numerosi omicidi di personalità di spicco: Piersanti Mattarella (fratello di Sergio, attuale Presidente della Repubblica), Rocco Chinnici, Cesare Terranova, Antonino Cassarà, Carlo Alberto Dalla Chiesa e molti altri. Dopo la graduale presa di coscienza da parte delle istituzioni, che portò alla creazione del Pool Antimafia nel 1984, si giunse al Maxiprocesso, che vide 475 imputati, cui vennero erogati complessivamente più di 2600 anni di reclusione.
Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli altri magistrati impegnati nella lotta alla mafia erano ormai diventati obiettivi sensibili: Falcone perse la vita nell’attentato del 23 maggio 1992 insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre uomini della scorta mentre viaggiavano sull’autostrada A29 nei pressi di Capaci, mentre Borsellino fu trucidato a Palermo il 19 luglio dello stesso anno.
La testimonianza di Maria Falcone è stata puntuale e toccante: «potete immaginare la mia disperazione quando morì Giovanni: non solo come sorella, ma soprattutto come cittadina italiana. Tutti i suoi sacrifici, tutto il suo lavoro, tutto il suo grande entusiasmo sarebbero finiti con la sua scomparsa perché solitamente la memoria degli italiani è molto breve». Il costante lavoro di informazione e recupero della memoria di Falcone e Borsellino ha invece consentito di ricordare «tanti altri nomi di veri eroi di quegli anni, che altrimenti si sarebbero perduti».
Al giorno d’oggi un settore di cruciale importanza è, secondo Maria Falcone, quello dei ragazzi delle scuole: «bisogna fare capire ai giovani quanto sia importante il loro atteggiamento per sconfiggere la mafia, perché quest’ultima è anche un fatto culturale. Non basta la sola repressione, ovvero l’azione dei magistrati e delle forze dell’ordine: se non cambia la società, la mafia non sarà mai sconfitta».
La fondazione “Giovanni e Francesca Falcone”, di cui Maria Falcone è presidente, promuove l’educazione alla legalità, rivolta in modo specifico alle giovani generazioni che non hanno vissuto in prima persona gli avvenimenti di quegli anni, organizzando attività culturali, di studio e di ricerca per favorire lo sviluppo di una coscienza antimafiosa, in coerenza con il pensiero di Giovanni Falcone: «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».